Skip to content Skip to footer

Sottopassaggio di viale Santa Panagia inutilizzato, sperperato denaro pubblico

Un’altra incompiuta a Siracusa seppur sottodimensionata ma dichiarata in pompa magna una novità per la città. Si tratta del sottopassaggio di viale Santa Panagia costruito negli anni ’80, incompleto e lasciato chiuso alla sua fruizione. Quanto denaro pubblico sperperato. Negli anni ’50-’60 si assistette l’espansione urbanistica della città nella terraferma, incontrollata e ignara dei valori del patrimonio archeologico, storico e ambientale, insomma si avvia lo spopolamento di Ortigia, già iniziato nel primo ventennio del XX secolo. Il piano Cabianca, redatto negli anni cinquanta, prevedeva un freno allo sviluppo edilizio, la formazione del sistema dei parchi archeologici e lo sviluppo controllato della città verso Sud, ma non verrà mai approvato, osserva
Marilena Orlando dell’Università di Palermo. Piuttosto, nell’attesa e nel timore che il piano divenisse operativo, si sono accelerati i fenomeni di saccheggio del territorio. Le vicende legate alla redazione di un piano regolatore sono proseguite per approvazioni di stralci e varianti, privi di un’unitaria coerenza, che hanno avuto come unico risultato la distruzione della città (vedi Lo Piccolo, 2003).
Negli anni ‘60, in nome di un incremento demografico che presto si sarebbe ridimensionato (vedi Agnello, 2001) la città cambia volto attraverso un’aggressione del territorio che continua anche negli anni ’70 e che s’indirizza verso un’urbanizzazione dell’Epipoli, verso Nord attorno al centro direzionale di Santa Panagia, ad Est fino alla costa e ad Ovest fino a Belvedere. I quartieri di Acradina, Tica, Neapolis caratterizzati da terreni collinari e dai loro monumenti vengono aggrediti da agglomerati cementiti; così succede anche per la zona di verde che si estendeva dal foro siracusano al colle Temenite. Il teatro, l’anfiteatro romano, l’ara di Ierone, la Latomia del Paradiso sono circondati dall’edilizia.
Negli anni ‘80 la città appare “con tutte le sue ferite non cicatrizzate: abusivismo edilizio costiero, espansione verso ovest, assenza di regole certe per le parti più antiche” (vedi Agnello, 2001). Negli anni ’90 continua l’espansione urbana, s’incrementa l’aggressione alla costa, si vanno saturando le aree dell’Epipoli e di Santa Panagia, si realizzano urbanizzazioni selvagge in contrada Pizzuta, ad ovest della città.
La zona di Santa Panagia è definita una degli ultimi centri abitati a nascere in Siracusa. Fino agli ’50 e ’60 esso era considerato un sito extraurbano, poiché era composto principalmente da poche abitazioni, per lo più piccole ville. Non vi erano esercizi commerciali, né uffici istituzionali, né strade. Per ogni minima esigenza gli abitanti che lì risiedevano erano infatti costretti a recarsi a «Sarausa» in Ortigia o in Acradina, poiché per i siracusani la vita sociale si svolgeva ed era concentrata quasi unicamente ancora in quei due siti, rappresentanti il cuore urbano di Siracusa.
Lo sviluppo iniziò a mutare verso gli anni ’70, ’80, ’90, quando la popolazione siracusana crebbe, in gran numero, arrivando a superare i 100.000 abitanti, dunque i cittadini sentirono l’esigenza di ampliare il loro perimetro sociale e andarono sempre più a fabbricare nella contrada periferica di Santa Panagia, popolandola. La stradina prende un aspetto consono delle grandi città con una strada di scorrimento di ambito urbano caratterizzata da due corsie per il traffico veicolare e una corsia controviale per gli spostamenti pedonali.
Nacquero palazzi Garofalo, strade, supermercati, banche, uffici, scuole e il nuovo tribunale di Siracusa nel 1990 e completato nel ’98.
Alla fine degli anni ‘90 l’amministrazione avvia un nuovo Prg, di cui è consulente Bruno Gabrielli. In un quadro di caos urbanistico, di complessità di vincoli dati dalla presenza delle riserve e della zona archeologica, il piano si pone l’obiettivo di limitare l’espansione urbana, di riqualificare la città esistente, di valorizzare il patrimonio storico. Lo strumento, consegnato all’amministrazione nel 2002, viene adottato dal Consiglio Comunale nel 2004, approvato dalla Regione a dicembre 2006 con modifiche e prescrizioni.
Correva l’anno 1980 e nell’ambito della nuova espansione urbanistica e della costruenda strada si realizza, per rendere agevole l’attraversamento, un sottopasso che doveva servire anche per il futuro parcheggio Mazzanti del quale ne abbiamo parlato su Libertà lo scorso 4 dicembre. Però l’amministrazione doveva valutare l’utilizzo del sottopasso, una struttura che comunque rimane non completata.
Abbandonato a se stesso, successivamente gli interventi programmati inizieranno subito dopo con una prima bonifica del sito trasformato in una sorta di discarica, nella parte sottostante la copertura abbandonato di tutto. C’erano anche chiare tracce di stazionamenti di senzatetto. I vandali avevano poi completato l’opera. L’amministrazione aveva scelto la via più semplice, cioè, anziché riqualificarlo e rendere il sottopasso fruibile aveva invece provveduto a murare le entrate.
Nel corso degli anni si sono succedute diverse proposte di consiglieri comunali per rendere fruibile il sottopasso, non ultima quella renderlo operativo con l’istituzione di piccoli box interni di vendita souvenir. Nulla più.
Il 2 ottobre 2015 Paolo Cavallaro, coordinatore cittadino della lista Nello Musumeci, sollecitava l’amministrazione di controllare lo stato del sottopassaggio di viale Santa Panagia. Poiché erano passati diversi anni da quando erano stati murati gli accessi, da entrambi i lati di Viale Santa Panagia, del sottopassaggio, che doveva essere strumentale al parcheggio di Via Mazzanti, dei lavori di completamento del parcheggio, assegnati nel dicembre 2013, che procedevano a rilento e ad oggi non si conoscono quali possano essere i tempi di ultimazione.
Per questo motivo, la lista Musumeci chiedeva all’amministrazione comunale se, una volta chiusi gli accessi, permanessero le condizioni di sicurezza della strada e possibili e/o necessarie periodiche attività di manutenzione.
Cavallaro chiedeva all’amministrazione comunale di effettuare le opportune verifiche per accertare lo stato della struttura e valutare se siano opportune azioni di periodica ispezione per eventuali manutenzioni. Si chiedeva, inoltre, se lo stesso venisse riaperto contestualmente al parcheggio di via Mazzanti, per consentire ai pedoni l’attraversamento della strada in condizioni di sicurezza e senza impegnare la sede stradale.
Sono trascorsi cinque anni dall’ultimo suggerimento, dopo il silenzio. Adesso si attende il completamento della riduzione del parcheggio da 320 a 150 autovetture, 40 stalli per motociclette, 38 per biciclette e 5 colonnine per caricare i mezzi elettrici. Inoltre deve essere utilizzato come terminal fino ad un massimo di 10 bus per il trasporto urbano previsto nel “Piano Generale del Traffico Urbano” e del “Piano Urbano della Mobilità Sostenibile” adottato dalla precedente Giunta Municipale il 30 maggio 2018 ed approvato da 18 consiglieri comunali. Come ogni cosa in questa città è soggetta a morire d’inedia sociale e superficialità.

Un sorriso,
Joe Bianca