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«Il tempo dell’industria è adesso», una chiamata alla responsabilità

La riconferma di Gian Piero Reale alla presidenza di Confindustria Siracusa per il biennio 2025–2027, avvenuta lunedì scorso, non è stata solo un passaggio di routine associativa. È una scelta che assume un significato politico, culturale ed economico profondo. Perché arriva in un momento storico in cui il ruolo dell’industria nel territorio – e nel Paese – è tornato a essere centrale, ma anche fragile. E perché segna la volontà, da parte di un sistema produttivo radicato e complesso come quello siracusano, di non rassegnarsi al declino, ma pretendere ascolto, risposte e visione.

La squadra di Vice Presidenti che affiancherà l’Ing. Reale sarà composta da Guglielmo Arrabito (Sasol Italy), Giancarlo Bellina (B2G), Ermelinda Gerardi (Gold Services), Antonino Governanti (ENI Versalis), Angelo Grasso (Sonatrach Raffineria Italiana), Enzo Montalbano (Isab) e Maria Pia Prestigiacomo (VED), oltre ai Vice Presidenti di diritto Paolo Augliera (Solesi), Lelia Crispino (A&L Property) e Caterina Quercioli Dessena (Servizi Gestione Ambiente).

La riconferma dell’ing. Reale rappresenta un segnale di continuità e fiducia nel percorso avviato durante il suo primo mandato, caratterizzato da un forte impegno per il rilancio industriale, la promozione della sostenibilità e il rafforzamento del dialogo tra imprese, istituzioni e territorio.

L’Assemblea è stata l’occasione per affrontare i temi centrali per il futuro delle imprese del territorio, tra cui la transizione ecologica ed energetica, le infrastrutture e l’attrattività del territorio per nuovi investimenti.

Il presidente Gian Piero Reale ha parlato con franchezza. Ha evocato un’urgenza che va al di là delle sigle, dei comparti, dei tecnicismi. «Il tempo dell’industria è ora» ha inteso. E non è uno slogan. È una chiamata alla responsabilità. Perché il sistema industriale non può più permettersi di attendere i tempi – troppo spesso dilatati e autoreferenziali – della politica e della burocrazia. Il rischio, ormai concreto, è che i processi decisionali rallentino gli investimenti, vanifichino le strategie, lascino a metà i percorsi di transizione che pure sono stati avviati.

L’errore strategico del Green Deal

Uno dei passaggi più forti del suo intervento è stato quello dedicato al Green Deal europeo. Non per negarne i principi – che nessuno oggi può ignorare – ma per criticarne il metodo. Secondo Reale, il Green Deal ha commesso un errore strategico: trascurare l’impatto reale delle misure sulla tenuta del tessuto industriale, soprattutto nelle aree già fragili del Sud Europa.

Strumenti come il sistema ETS (il mercato delle emissioni) o la tassazione sulla CO₂ – nati in un altro contesto storico – oggi rischiano di trasformare la transizione ecologica in una fredda deindustrializzazione. Un prezzo che Siracusa e il suo polo energetico non possono permettersi di pagare in silenzio.

Un sistema che vuole investire, ma resta fermo

Nonostante tutto, l’industria siracusana non si è fermata. Anzi, continua a investire: lo dimostrano i 900 milioni stanziati da Versalis per la riconversione e il consolidamento della propria presenza nel territorio. Lo conferma il progetto sull’idrogeno da 200 MW promosso da Inegoo e ISAB, che guarda con coraggio all’energia del futuro. Ma queste iniziative restano, ad oggi, appese a un filo normativo. Senza decreti attuativi certi – sulla carbon capture, sull’idrogeno, sugli incentivi per la decarbonizzazione – anche i migliori business plan rischiano di diventare esercizi di stile. Qui Reale lancia un messaggio forte al governo: non bastano i tavoli di confronto, non servono più promesse generiche. Le imprese chiedono regole, tempi, affidabilità. Senza certezze, gli investitori – italiani e internazionali – vanno altrove. Ed è il Paese, non solo la Sicilia, a rimetterci.

Il capitale umano che se ne va

C’è poi un altro dato, ancora più doloroso, che pesa come un macigno sul futuro del territorio: la fuga dei giovani. Reale cita i dati Svimez: 219.000 ragazzi e ragazze hanno lasciato la Sicilia dal 2003 a oggi, molti dei quali laureati, altamente formati, pronti a restare ma costretti a partire. Non è solo una questione demografica. È una perdita di capitale umano e intellettuale, che impoverisce famiglie, scuole, università, aziende.

Fermare quest’emorragia è possibile, ma solo se si creano condizioni reali per restare: lavoro di qualità, un ecosistema favorevole per fare impresa, un tessuto urbano vivibile e attrattivo. In questo senso, Reale lancia una sfida ambiziosa: trasformare il polo industriale in un attrattore di competenze e innovazione, e non più in una zona separata dalla città.

L’industria che sa cambiare

Nel suo intervento, il presidente di Confindustria ha anche posto l’accento su un tema spesso trascurato nel dibattito pubblico: l’evoluzione dell’industria verso standard elevati di sicurezza, sostenibilità e innovazione. Le imprese – ha ricordato – hanno già introdotto intelligenza artificiale, digitalizzazione, sistemi ambientali all’avanguardia, ma spesso la percezione esterna continua a essere negativa o distorta.

È il momento di cambiare racconto. Di spiegare cosa si fa e come lo si fa, con linguaggio semplice, dati trasparenti e spirito di apertura. Solo così si può ricostruire un’alleanza tra cittadini e imprese, tra industria e territorio. Un’alleanza di fiducia, oggi più che mai necessaria.

La città che guarda alla sua parte sud

Infine, un’ultima suggestione: lo sviluppo urbano. Reale ha indicato la zona sud di Siracusa, fino alla riserva Ciane–Saline, come punto nevralgico di una possibile riconnessione tra città e industria. È una proposta che merita attenzione, perché supera la logica delle contrapposizioni – industria contro ambiente, lavoro contro salute – e punta su un’idea nuova di coesistenza e rigenerazione.

Una stagione decisiva

I prossimi due anni saranno decisivi. Non solo per Confindustria Siracusa, ma per l’intero sistema produttivo regionale. La posta in gioco è alta: rilanciare l’industria, trattenere i giovani, sbloccare gli investimenti, ridare senso al rapporto tra economia e società.

Non si tratta solo di resistere, ma di costruire. Di trasformare le fabbriche in spazi di futuro, le aziende in motori di cambiamento, la periferia industriale in cerniera urbana e ambientale.

Per farlo, servono politica, burocrazia, cittadini. Ma serve soprattutto una cosa: tempo. Tempo da non perdere.

Perché, come ha inteso il presidente di Confindustria Gian Piero Reale, il tempo dell’industria è adesso.

Un sorriso,
Joe Bianca